Agricoltura biologica e risparmio energetico
L’interrogativo principe del mondo agricolo, ma non solo, in questo momento è dettato dall’urgenza di ridurre i consumi energetici. Il tema profondamente dibattuto anche in campagna elettorale sembra trovare una risposta concreta proveniente proprio dal mondo del biologico.
Dati europei alla mano, non stupisce che il biologico permetta una riduzione del 30% del consumo di risorse energetiche rispetto alle pratiche convenzionali, e questo lo si sapeva già da tempo, perché le operazioni colturali nel mondo del bio si riducono già di fatto per la sola assenza di pesticidi.
Non dimentichiamo infatti che i concimi di sintesi, utilizzati nell’agricoltura convenzionale, sono prodotti con un elevatissimo consumo energetico ed essendo l’Italia un paese che principalmente li importa dell’estero, l’aumento dei costi che questi hanno subìto è divenuto insostenibile (nel caso dei soli azotati sino ad un +170%).
Un modello quindi quello del bio che muove da un principio cardine estremamente virtuoso, per poi aprirsi ad ulteriori considerazioni inerenti ulteriori riduzione dei consumi.
Il bio da sempre si accompagna alla promozione della filiera corta, all’ ottimizzazione dei packaging, a modelli di allevamento estensivo e alla concimazione dei terreni con sostanze naturali.
Inoltre il bio trova il suo spazio anche i quei territori marginali, dove la tutela dal dissesto o dall’abbandono delle pratiche agricole diviene un aspetto non trascurabile per porre un freno ai cambiamenti climatici in atto.
Se vogliamo allargare la nostra valutazione e spingerla sul lungo termine, tenendo conto delle prospettive che l’Europa si è data con l’agenda 2030, considerando le difficoltà di conversione energetica del nostro paese che non saranno certo brevi, esaminando l’impatto che le imprese del food hanno a livello globale (37%), verificando la volontà di orientarsi sempre di più verso progetti come il progetto europeo “Life Magis – Made Green in Italy” che riunisce aziende di cui dieci appartenenti ad Unione Italiana Food che hanno scelto di rendere misurabile l’impronta carbonica delle loro produzioni in modo onesto , la risposta su quale sia l’ambito agricolo su cui puntare appare addirittura scontata e probabilmente l’unica praticabile per il perseguimento di obiettivi di miglioramento generale.
Non stupisce pertanto come rilevato dai dati Sinab analizzati da Ismea che mai così tanta superficie sia coltivata con metodo bio, con un aumento del 4,4%, arrivando a sfiorare i 2,2 milioni di ettari a fine 2021.
Il tema del risparmio energetico in ambito di agricoltura biologica sarà l’ulteriore spinta di questo ritmo di crescita che nei prossimi anni permetterebbe di raggiungere i 2,7 mln di ettari al 2027, ultimo anno della Pac 2023-2027, e toccare i 3 mln nel 2030, valore prossimo al target Farm to Fork del 25% di superficie bio, da raggiungere entro la fine del decennio .
Il quadro nazionale non è tuttavia omogeneo nella crescita poiché la dinamica si differenzia a seguito delle diverse scelte operate dalle Regioni relativamente agli impegni agroambientali dei PSR 2014-2020 e in particolare l'uscita dei bandi della Misura 11.